Una tragedia dell’emigrazione:il linciaggio di Tallulah

La storia dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti, di cui la Sicilia ha il primato, è un fenomeno storico complesso dove si intrecciano le speranze, la fatica, l’intraprendenza di gente onesta che voleva cambiare la propria vita, e l’ingresso di una nuova criminalità facente capo alla Mano Nera e alla Mafia che si affermò nelle città americane e che servì da alibi per l’intolleranza e il “razzismo”alimentando episodi tragici che trovano il loro culmine nella pratica del linciaggio.
Nell’ultima decade del XIX secolo 1665 persone subirono il giudizio sommario della “legge di Lynch”. La maggioranza erano neri, ma ne furono vittime anche molti italiani. Del resto, gli italiani del Sud, i siciliani in particolare, non erano considerati in America di razza propriamente bianca. Per loro si coniavano termini come “olive”, oppure erano classificati “semi-white” o “coloured”.
Oltre al più conosciuto episodio di New Orleans, -il linciaggio di 9 siciliani ingiustamente accusati di aver assassinato il capo della polizia-, vi fu nel luglio del 1899 un altro linciaggio, meno noto ma non meno feroce, avvenuto in Louisiana nella città di Tallulah, che coinvolse dei cittadini siciliani nativi di Cefalù.
Ne furono vittime i fratelli Frank, Joseph and Charles Fatta o De Fatta (in realtà Francesco, Giuseppe e Pasquale Fatta), di 30, 36 e 54 anni, proprietari di botteghe di frutta e verdura nella cittadina di Tallulah, Louisiana, e Rosario Fiducia e Giovanni Cirano ( altre versioni dei nomi Fiduccia e Cerami, o Cipriano), di 37 e 23 anni, anche loro commercianti.


La ricostruzione più probabile della vicenda, raccontata nel libro di G.A. Stella “L’orda: quando gli albanesi eravamo noi”, trae origine dall’uccisione di una capra appartenente a Francesco “Ciccio” (Frank) Fatta, da parte del dr. Hodge, coroner della cittadina, perché questa era andata a finire per l’ennesima volta nel suo terreno. Dopo una violenta reazione di Fatta, il giorno dopo Hodge sarebbe passato dalla bottega di questi “ostentando un contegno sprezzante e provocatore”, secondo quanto riferisce “La Tribuna di Roma”. Da qui la lite, in cui Hodge avrebbe iniziato a sparare e in cui sarebbero intervenuti, a difendere il fratello, Pasquale e Giuseppe Fatta e altri due cefaludesi, Salvatore Fiduccia e Giovanni Cerami; alla fine Francesco e i due amici Fiduccia e Cerami sarebbero stati portati in carcere. Durante la notte, circa 300 persone assaltarono la prigione prelevando i tre prigionieri, quindi fu la volta di Pasquale e Giuseppe: tutti furono impiccati quella notte del 21 luglio 1899.
Secondo una diversa ricostruzione (v. New Orleans Daily State, 24.07.1899), Hodge sarebbe stato colpito non per legittima difesa ma aggredito nella bottega dei Di Fatta (o Fatta) da Joseph e Charles. Lo sceriffo Lucas, avrebbe catturato e rinchiuso in prigione i fratelli e gli altri venuti in loro aiuto che si erano barricati nel negozio. Dopo la cattura, la folla inferocita sarebbe riuscita ad ottenere le chiavi della prigione, facendo giustizia sommaria. La cronaca dell’epoca (New Orleans Times-Democrat, 24.07.1899), racconta che Charles (Pasquale) reagisce con calma, chiede un sigaro e cerca di placare gli animi con un breve discorso “Ho vissuto qui sei anni, conosco tutti voi, siete tutti miei amici”. Ma è inutile. Troppo forti sono gli odi e i pregiudizi nei confronti di quelli che vangono chiamati sprezzantemente “dagos” (dago equivale a “coltello”) e ritratti nelle vignette sempre con in mano lo “stiletto” e pronti ad accoltellare.
La notizia si diffonde solo dopo 24 ore fuori da Tallulah. La sera del linciaggio infatti la folla aveva piazzato qualcuno di guardia all’ufficio del telegrafo minacciando l’operatore di morte se avesse comunicato la notizia.
I giornali dell’epoca condannano l’accaduto, anche se c’è chi non manca di sottolineare come gli italiani siano “una colonia di viziosi omicidi e assassini” per i quali “omicidio e sangue sono quello che rose, luna piena e musica sono per poeti ed amanti”, e indica per i cittadini di Tallulah come unica soluzione “estirpare la colonia”. (The New Orleans Daily State, 27.07.1899).
Gli italiani e i siciliani in particolare in Louisiana erano poco tollerati, venivano considerati “non palesemente neri” e come tali discriminati; per di più essi familiarizzavano con i neri, che trattavano allo stesso modo dei bianchi. Così, come scrisse “La Tribuna di Roma” dopo il fatto di Tallulah, “se la legge di Lynch viene applicata contro stranieri, su 100 casi 90 sono italiani”.


In seguito alle investigazioni condotte nei giorni successivi ai delitti da Enrico Cavalli, editore del giornale “L’Italo Americano” di New Orleans, dal console italiano a New Orleans Nat Piazza, e dall’avvocato Patrick Henry, emersero diverse testimonianze secondo le quali l’assalto al coroner Hodge ( rimasto comunque vivo) avrebbe in realtà nascosto una manovra a danno degli italiani, organizzata dai commercianti locali. Essi speravano di provocare una forte reazione contro i siciliani, mirata a liberarsi della loro scomoda concorrenza commerciale.
La vicenda destò talmente tanto interesse che il Segretario dell’ Ambasciata italiana Marquis Romano effettuò personalmente delle ricerche, dalle quali emersero dettagli che facevano presupporre che Joseph avesse sparato per legittima difesa. Una canzone composta a ricordo delle vittime, “I 5 poveri italiani linciati a Tallulah”, testimonia l’emozione che il fatto suscitò all’epoca in Italia.
Il “rapporto Romano” venne utilizzato come base per la richiesta di risarcimento avanzata dal Governo italiano a nome delle famiglie colpite, risarcimento in effetti corrisposto per le famiglie Di Fatta e Cerami nel 1901.Del resto i risarcimenti non erano eccessivamente onerosi, tanto che una vignetta apparsa su un giornale dell’epoca asseriva: “Costano così poco questi italiani, che si potrebbe ammazzarli tutti”.
Gli autori del linciaggio, comunque, non furono mai puniti per il loro crimine

Marzia Cristina